da Casalpusterlengo-(Lodi)- a Quattordio (Al)
Nell'Agosto del 2014', da ricerche effettuate nei diversi archivi storici ho potuto ricostruire "l’Albero genealogico " della mia famiglia e trascrivere alcune vicende vissute con sofferenza ma che hanno dato una svolta positiva attraverso esperienze fatte di ”sacrifici” e “rinunce”, nell'archivio di questa Chiesa-(vedi foto), sono conservati i registri di nascita, matrimonio e morte, passando per i Comuni di Meleti, Castelnuovo Bocca D'Adda, Caselle Landi, Cornovecchio, ed è qui che ho trovato i primi atti della mia famiglia nei primi anni del 1600'. Tutto ha inizio nel 1634' del 9 Giugno, quando da Bastiano e Caterina è nato Giorgio. Giorgio, marito di Caterina Ardemagni è nato Alessandro il 30 Novembre del 1666'. Il 26 marzo del 1864', da Salvini Maria, moglie di Tedeschi Alessandro, nasce a Castelnuovo Bocca d’Adda un bimbo a cui sono imposti i nomi di Pasquale Giuseppe.
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| Documento originale tratto dall'Archivio storico |
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Chiesa dei S.S Bartolomeo e Martino di Casalpusterlengo-(Lodi) |
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Chiesa della Natività della Beata Vergine di Castelnuovo Bocca D'Adda |
La famiglia vive in regione S. Antonio vicino alla strada per Meleti ed è proprio lì che Pasquale Giuseppe da adulto conobbe e sposò Trentarossi Cecilia nel 1894' ed ebbero undici figli, uno dei quali Alessandro mio padre nato a Castelnuovo il 16.9.1908'. Nel 1920' la numerosa famiglia si trasferì nel comune di Caselle Landi distante circa una decina di km dal paese natio, si stabilirono in borgata Mezzanone al n.12.
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| Caselle Landi-anni50' |
Mio nonno Pasquale svolgeva l’attività di viticoltore, una strana professione per la zona in cui si trovava il paese dov’era prevalente la coltivazione di cereali e foraggi, probabilmente il lavoro lo svolgeva presso le vigne presenti sulle colline del Piacentino, territorio non molto distante dal luogo in cui risiedeva e nel 1926' acquista un piccolo podere denominato Moriane Basse situato nel comune di Meleti e con i figli Aurelio, Giovanni ed Alessandro si dedicano al lavoro dei campi.
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MELETI
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La cascina era situata vicino al fiume Adda, i terreni seppur fertili non davano sufficienti raccolti per il mantenimento della famiglia, era la vicinanza del fiume la causa di tanto danno, che per le continue esondazioni rendeva il terreno sterile e non dava frutti, era proprio “Bassa” la cascina Moriane al punto che le acque del fiume la devastarono, solo in periodi successivi furono rinforzati gli argini, ad oggi esiste ancora la cascina e i proprietari ne traggono vantaggiosi profitti derivati dalla lavorazione dei terreni.
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| Cascina "Moriane Basse" |
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Raccolta granoturco-anni30'
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Tutto ciò mise la famiglia in condizione di operare delle scelte, la sfortuna era di casa, in quel periodo fu colpita da un grave lutto per la morte di Pasquale, i tre figli rimasti decisero di dividersi ed ognuno di cercarsi una nuova attività lavorativa.
Fu così che grazie alla sig.ra Nicolini Olga, amica di mio padre e levatrice in Quattordio dal 1935', venne a conoscenza che il comune aveva vacante un posto di Cantoniere Comunale e Necroforo e lo convinse a parteciparvi, cosa che avvenne e l’occasione fu presa al volo, era una opportunità da non trascurare che gli dava la possibilità di un lavoro sicuro e garantiva reddito alla propria famiglia nata da poco tempo.
Il matrimonio tra i miei genitori avvenne nel 1935' nella Chiesa S. Cristoforo Martire del comune di Meleti e seguendo il consiglio di Olga mio padre nel 1937' partecipò al concorso presentando la documentazione richiesta e la commissione giudicatrice riconobbe in lui la persona idonea per svolgere i
lavori descritti dal bando.
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Alessandro Tedeschi
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| Alice Berselli- |
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Meleti--Chiesa S. Cristoforo Martire-1935' "Matrimonio-Tedeschi-Berselli" |
Nel 1938' Alessandro Tedeschi si trasferì a Quattordio richiedendo l’iscrizione per sé e per la propria famiglia che era composta dalla moglie Berselli Alice e dalla figlia Lina di due anni, ed i miei genitori ne furono grati e riconoscenti all’ostetrica Olga. Il marito Giuseppe Lambri, Peppino per gli amici, soprannominato “Badoglio” era solito accompagnare la moglie presso la casa delle partorienti e in attesa della nascita, quando l’evento si prolungava, per trascorrere il tempo si parlava, si discuteva e dopo aver dichiarato di avere la gola secca, reclamava due dita di quel buon vino che era sempre presente nelle cantine dei quattordiesi, quel bicchiere non troppo pieno era solo l’inizio del rito e la bottiglia si preferiva lasciarla vuota per scaramanzia, sovente ne stappavano una seconda augurando al nascituro buona fortuna e lunga vita. Il povero Peppino al ritorno caricava la Olga sulla canna della bicicletta e se aveva esagerato nel bere riceveva severi rimproveri dalla moglie, la coppia aveva due figli, Alfredo e Ubaldo. Olga fu molto attiva nel periodo 1935'-1952', molti furono i quattordiesi nati con il suo aiuto che si affacciavano alla nuova vita, morì a Quattordio nel 1952' e qui sepolta nei loculi comunali all’ingresso del cimitero.
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Olga Nicolini "Levatrice" |
Mio padre quando arrivò a Quattordio nel 1938' trovò alloggio in una casa situata in via Padana Ovest di proprietà dei sigg.Testa, vi rimase poco tempo e successivamente si trasferì in via Stazione nella casa di Cozzo Carlo e del fratello Enrico, fu una felice coabitazione, nonostante le diverse origini e dialetti, l’italiano poco usato, i Cozzo si esprimevano in dialetto piemontese, i miei in basso lodigiano-piacentino. Quante incomprensioni del linguaggio che sovente sfociavano in sonore risate dovute ad interpretazioni errate, si giunse finalmente ad un compromesso, ognuno ci metteva del suo e trascorsi alcuni anni si comunicavano con un misto di lombardo-piemontese-italiano.
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Abitazione "Cozzo Carlo-Tedeschi"-1944'- Alice Berselli con il marito A. Tedeschi e la figlia Lina |
Una figura a cui la mia famiglia fu riconoscente fu Luigina Avidano, donna molto generosa che sapeva sdrammatizzare situazioni difficili, era sempre allegra, cercava la buona compagnia, le piaceva raccontare le barzellette, la migliore era sempre l’ultima che teneva per riserva.
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Gianni Tedeschi-anni7- nell'orto di Luigina (matalon) |
La vita l’aveva colpita duramente, rimasta vedova in giovane età con il figlio Carlo, si risposò con Cozzo Enrico vedovo pure lui, padre di due bimbi di nome Romana e Franco, tutti insieme vissero una vita felice, formarono un'unica famiglia che fu di esempio e incoraggiamento per chi doveva superare le avversità della vita, con loro abitavano gli anziani genitori di Enrico, Battista e la moglie Gatti Francesca.
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da sx - Carlo Traffano-Franco Cozzo (matalon) -Romana Cozzo-CarolinaTedeschi
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| Luigina Avidano |
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| Cozzo Enrico |
Si avvicinavano momenti bui, la guerra era vicina, allo scoppio delle ostilità, mio padre fu richiamato alle armi ed assegnato al fronte Jugoslavo: sostò per un breve periodo a Trieste e successivamente con l’occupazione dell’Albania, Mostar e Valona furono le città che rimasero impresse nella mia mente dai racconti di guerra di mio padre.
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Alessandro Tedeschi in partenza per Trieste--1941'
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Compagni di sventura furono altri due quattordiesi, Giovanni Gho e Nano Pietro di Piepasso, la fortuna li volle tutti sani e salvi di ritorno alle proprie case quando la tragedia terminò.
Mia sorella nel periodo della guerra soggiornava per alcuni periodi presso l’abitazione dei nonni materni, dando così la possibilità a mia madre di lavorare presso alcune famiglie, procurandosi da vivere e in alcuni casi si instauravano sentimenti che sfociavano in rapporti di vera amicizia.
Era solita recarsi presso l’abitazione di Garavelli Caterina, mamma di Mariuccia Badella situata alla cascina Tagliarolo, ora non più esistente perché abbattuta per costruirvi parte della fabbrica di smalti ”Inves” . Il suo compito era di ammazzare le oche e attraverso una procedura complessa disossarle, togliere il grasso farlo sciogliere rendendolo liquido e utilizzarlo versandolo nei contenitori di terra cotta che contenevano la carne delle povere bestiole ridotta in piccoli pezzi precedentemente cosparsa di sale, aglio e pepe, tutto ciò serviva come provvista per l’inverno e veniva utilizzato come condimento per la mensa quotidiana.
Mia madre aveva per Caterina una grande devozione e rispetto, quando ne parlava era indicata sempre come la “Signora” e così la chiamava quando si rivolgeva a lei direttamente e sovente invitava mia madre e mia sorella a cenare presso la sua casa e fatto tardi con la scusa che si era fatto buio, le ospitava per il riposo notturno.
Un’altra famiglia con la quale i miei avevano un forte legame erano i Barberis soprannominati “Scarpetta”, avevano in affitto la "cascina Fiscala" di proprietà della sig.ra Ripamonti, si era in piena guerra, gli uomini al fronte, la manodopera femminile seguiva le attività della campagna.
Mia madre era giornaliera fissa e lavorava con gli affittuari, sue compagne erano, Cozzo Anna “Neta” e la figlia Stradella Teresa “Gina” moglie di Barberis Natale “Cichin”, c’erano anche i giovani figli, Nino, Mario e Leo, era una gran bella famiglia, disponibile ad aiutare le persone oneste che vivevano del proprio lavoro. Sul finire della guerra aprile 1945', alla Fiscala ci fu un rastrellamento che portò alla cattura del giovane Toselli Lorenzo che fini tragicamente fucilato sulla piazza della frazione Calcini di Refrancore. Terminata la guerra mio padre tornò e riprese il suo lavoro presso il comune di Quattordio.
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cartello che indica la strada per la "Fiscala" tra Quattordio-Piepasso |
Nel 1946' i miei genitori decisero che a mia sorella Lina era giunta l’ora di darle un po’ di compagnia e fu così che nacqui con il nuovo anno, 26 Gennaio 1947' alle ore 14.30 alla cascina Campagnola, vicinissima al fiume Adda, situata nel comune di Cornovecchio allora in provincia di Milano ora passato sotto la provincia di Lodi in casa della zia Romilda, sorella di mia madre.
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| Cornovecchio "Cascina Campagnola"-1947' |
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| CORNOVECCHIO |
Dai racconti di mio zio Francesco, marito di Romilda, descriveva una giornata carica di neve precipitata già dal giorno precedente che raggiungeva i 60 cm e che ostacolava il percorso del cavallo che doveva trasportare mia madre in preda alle doglie dall’abitazione dei miei nonni materni, Berselli Fiorello e Trentarossi Silene alla cascina Campagnola, casa dove si era deciso che io nascessi.
Due giorni dopo fui Battezzato, i miei padrini Trentarossi Enrica classe 1916', cugina in primo grado di mia madre con il marito Carlo, alla Campagnola rimasi solo 15 giorni e con mia madre partii con destinazione Quattordio, non fu mai chiarito con quale mezzo di trasporto.
Alcuni giorni dopo la mia nascita, mia madre ricevette dalla Luigina Cozzo una lettera datata 23 gennaio 1947' che qui trascrivo integralmente perché permette di conoscere le buone doti del carattere di chi scrive con espressioni semplici, schiette e genuine.
Quattordio 23 gennaio 1947'
Carissime Alice e Lina. Dopo molto attendere un loro scritto, ieri con piacere abbiamo ricevuto la cartolina della cara Lina. Sono lieta come pure Enrico e tutti i nonni di saperli bene, come ne è di noi tutti, Sandro sta molto bene, ma è molto sperso e quando riceve un loro scritto è molto allegro. Guardino di mandare sovente notizie così ci faranno tutti lieti. Sandro si è fatto più bravo alla sera è sempre con noi nella stalla, va a dormire sempre presto. Noi gli facciamo coraggio dicendogli che gennaio è terminato, febbraio è corto e presto ritornerà marzo ritorneranno le belle viole e anche Alice e Lina vero? E altro chi ci arriva? Speriamo tutto vada per il meglio. Cara Alice le faccio ancora mille auguri belli, ma stia attenta di non fare la coppia come ha fatto la moglie di quel sarto di Quargnento che abita dove abitava Duardo. Questa notte ha dato la luce due bei maschietti. Sono spersa anch’io di lei e Lina, ma dico la verità chi ricordo di più è il signor Francesco, spero sua sorella Romilda non sarà gelosa, ma io dico il mio buon cuore. Le devo fare i cari saluti di mia nipote Luciana, è stata da noi il sabato dopo la sua partenza, era spiacente di non averla più vista e mi lascio da farle i più cari saluti e auguri dicendole che l’attende presto con noi. Abbiamo saputo da Sandro che la cara Lina non va ancora a scuola, a Quattordio invece hanno di nuovo incominciato. Come dice Sandro che da loro vi sono tante cose brutte , da noi invece stia tranquilla che è sempre calmo come al solito. Stiano attenti loro, suo fratello Luigi, cognato, nipoti che sono giovani e soggetti a girare di notte. Da noi però da qualche giorno manca la luce, la tolgono alle ore 7 e la danno alle 18.30, ma ci aggiustiamo ugualmente. Sandro in questi giorni ha fatto diversi funerali. E’ mancato Giùanìn il sacrestano, Marietta Cavallotti, poverina e altri tre vecchi. Mi scrivano sovente che i loro scritti sono molto graditi e poi si resta più tranquilli. Ha scritto Mario si trova a Verona. Altre notizie abbiamo cambiato i buoi, questi sono molto più grossi. Altro per ora non ho che inviare a lei e Lina, mamma e tutti in famiglia i migliori saluti e ricordi. Saluti speciali a sua sorella e cognato. Baci a Lina. Maria e Osvalda. Saluti ai nipoti Teresio e Fausto e cugina Maria, Bacioni da chi la ricorda compreso Enrico e bimbi. Affezionatissima Luigina Cozzo. Saluti e baci a tutti dalla Romana, Franco e nonna.
Saluti e auguri dalla Lina Gatti.
Questa lettera dimostra e
descrive nello stesso tempo l’umanità e la dolcezza di Luigina, l’amicizia era un valore di
fondamentale importanza, per quel tempo e si curava con comportamenti sinceri onesti privi di
interessi.
Nell'Ottobre del 1953', primo giorno di scuola, iniziai l'istruzione scolastica.
Mia madre mi svegliò di buon mattino per prepararmi al grande evento, affacciandomi alla finestra della mia camera da letto vidi nel cortile Giovanni Badella, mio vicino di casa di qualche anno più di me e gli comunicai la mia gioia e felicità per l’inizio dell’attività scolastica. Alla prima elementare l’insegnante Rita Monti ci accolse in un’ampia e luminosa aula dove rimanemmo per tutti i tre anni successivi, per la quarta e la quinta ci seguiva il maestro Ercole Ottavio, a volte sostituito dal maestro Roggero Fiorino.
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5° Elementare-Maestro- Roggero Fiorino-anni50'
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| Rita Monti |
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| Ottavio Ercole |
All’ esame della quinta elementare non mi presentai per volere dei miei genitori, che a loro dire non ero sufficientemente preparato per continuare gli studi, ripetuta la quinta con il maestro Roggero, i miei mi iscrissero alla scuola di Avviamento Professionale Don Bosco di Genova-Sampierdarena, perché proprio lì in un luogo distante e scomodo da raggiungere?, era una decisione dei miei, dopo aver consultato Remigio e Letizia Fracchia, avevano il figlio Giuseppe studente in quel collegio e davano sufficienti garanzie di essere una scuola seria, luogo adatto per una buona formazione.
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| Sampierdarena-Istituto Don Bosco-anni60' |
Era il 1959' e prima della mia partenza per Sampierdarena, nell’Agosto dello stesso anno dopo un periodo di fidanzamento con Giuseppe Lupano, “Pino”, mia sorella Lina si sposo'.
Una bella festa, qualche giorno prima giungono diversi parenti dalla Lombardia, che dopo la cerimonia religiosa celebrata da don Carlo Teodo, ci ritroviamo tutti al rinfresco da Pierino Demicheli gestore del bar Sport, per immortalare l’avvenimento il figlio del gestore Carlo, collaudò la sua nuova cinepresa che fissò indelebile le immagini del momento, la cameriera per l’occasione era Francesca Venezia, compagna di leva di mia sorella, a distanza di cinquant’anni le poche immagini del filmino sono state trasferite su un dvd a disposizione dei superstiti.
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| Lupano Giuseppe |
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| Lina Tedeschi |
A Ottobre del 1959' parto per il collegio accompagnato dai miei genitori e giunto a destinazione, dopo aver adempiuto gli obblighi previsti i miei mi assegnarono al personale di custodia e dopo il saluto di commiato, la commozione sul volto di mia madre era evidente e seguendola con lo sguardo mentre si recava verso l’uscita, vidi che si passava un fazzoletto sul viso.
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Gianni Tedeschi 1959'-anni-12 |
Fui assegnato al
"Corso di Tipografo" e consisteva nel frequentare regolari lezioni di materie scolastiche, in aggiunta si frequentava lezioni di laboratorio per imparare un mestiere per il futuro, eravamo circa 300 alunni e la disciplina era di casa, la giornata iniziava con la sveglia alle 6.30, la Messa tutti i giorni, lo studio, la colazione, l’inizio delle lezioni.
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Scuola Istituto Don Bosco-1962'
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Terminata la scuola di Avviamento continuai per altri due anni di Qualifica Professionale giungendo così al 1964'. La vita del collegio era molto severa, a casa si tornava solo tre volte l’anno, nel periodo dei Santi, a Natale e Pasqua o per grave lutto. Alla domenica c’era consentita una passeggiata all’esterno, accompagnati sempre da un assistente, a volte ci capitava Don Andrea Gallo, un prete che seguiva giovani disadattati della nave “Garaventa” che fonderà successivamente la comunità di San Benedetto al porto. Nel collegio esisteva una sala cinematografica era denominata il “Tempietto”, alla domenica per chi si era comportato bene sia nello studio che nella disciplina poteva assistere ad una proiezione cinematografica.
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Istituto Don Bosco-1964'
 | G. Tedeschi e Elio F. allo Stadio di Varazze
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 | G. Tedeschi e Elio F. in gita con i compagni di corso-
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La privacy non esisteva, la posta era censurata sia in partenza che in arrivo, con cadenza quasi mensile i miei genitori in compagnia di Letizia e Remigio venivano a trovarmi. Il mezzo di trasporto era il treno, a piedi raggiungevano la stazione di Masio-Quattordio un piccolo locale con all’interno sempre fissa una stufa a carbone utilizzata per i periodi invernali, il capostazione era il sig. Spinaci, una persona affabile che abitava nel casello poco distante dalla stazione.
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Capostaz. di Masio-Quattordio- Renzo Spinaci-anni60'
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Nelle lettere che io scrivevo a casa, comunicavo che il vitto era scarso e insufficiente a soddisfare il mio appetito e sollecitavo l’invio di generi alimentari, era consentito di tenere per la colazione una scatola di cacao per dare una coloritura al latte e renderlo alla vista simile al caffè-latte, alcuni biscotti e dello zucchero a quadretti, fui richiamato diverse volte dal catechista don Chiari per le lamentele che trasmettevo ai miei genitori e invitato a sospendere le mie giuste richieste.
L’appetito era di un giovane ragazzo che si trasformava in adolescente, la cui esigenza era soddisfare i bisogni del proprio stomaco, non potevo continuare a soffrire, dovevo trovare un rimedio.
Non valutando le conseguenze, ecco che mi venne in mente di inviare le mie richieste scrivendo in dialetto piemontese, intervenne subito la censura che bloccò la lettera motivando l’incomprensione della stessa, le parole furono: “va bene che ti chiami Tedeschi, ma qui siamo in Italia e devi scrivere in Italiano”, lo fregai ugualmente quel povero prete perché utilizzai una frase in codice.
Mi ero accordato con mia madre che quando scrivevo per chiederle se erano nati i piccioni, significava che era gradita una sua visita con dei generi alimentari, nel frattempo chiesi ai miei di procurarmi una valigetta che potesse contenere le vivande prenotate. Mio padre si recò dal falegname Zallio Stefano e ordinò una valigetta in legno di media dimensione con una maniglia, una serratura e ai lati qualche buco per la circolazione dell’aria, era la mia dispensa-frigo e all’interno cibi di ogni genere, cacao, zucchero, che erano consentiti ma in compagnia di formaggio, salame, marmellata biscotti e ogni ben di Dio, la valigia la tenevo sotto il letto chiusa a serratura e ben controllata.
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| valigetta portavivande |
Eravamo in tanti in collegio e il nostro unico assistente non poteva controllare tutto quanto accadeva in camerata, a volte pur notando alcune irregolarità lasciava perdere. Nell’ultimo anno di permanenza i più anziani avevano il compito a rotazione di servire ai tavoli del refettorio, si prelevava il cibo che veniva posto su una ruota in legno con doppia apertura, erano le suore le nostre cuoche, aiutate da alcune ragazze che vivevano presso di loro, non si sbagliavano mai a mandare qualche vassoio in più, la precisione era una mania, ricordo il nome della cuoca, una certa suor Agnese, mai vista se non di sfuggita mediante un piccolo foro praticato attraverso la ruota. A volte arrivava qualche banana in più per noi camerieri, il punto di maturazione era al massimo, il gusto era molto apprezzato, probabilmente il giorno dopo se non consumata sarebbe andata tra i rifiuti, questi, sono i miei ricordi vissuti da ragazzo, che a distanza di tempo li vivo con rimpianto.
Ho accennato prima al catechista, il suo compito era di seguire i giovani dal lato spirituale e attraverso prediche, esercizi spirituali, facilitare eventuali vocazioni religiose nell’ordine dei Salesiani di Don Bosco. Per la disciplina ci pensava il “Consigliere” che più di consigli mollava dei gran ceffoni ai malcapitati, utilizzava un fischietto per dare i comandi; il primo fischio significava adunata per tutti, al secondo fischio silenzio assoluto, se qualcuno non aveva sentito il segnale, interveniva non più col fischietto. Il Direttore dopo cena prima di recarci nelle nostre camerate per il riposo, aveva il compito di augurarci la buona notte, erano pochi minuti dedicati ad alcune riflessioni o fatti accaduti, una piccola predica.
Il collegio non era gratuito o a prezzo scontato, al pagamento delle rette ci pensava il “Prefetto” che era l’economo a cui si doveva versare la retta anticipata trimestrale. Quanti sacrifici fatti dai miei genitori, consapevoli che con un ulteriore ciclo di studi, più facile sarebbe stato per il proprio figlio l’inserimento nel mondo del lavoro, in quel periodo la scuola dell’obbligo terminava con la licenza elementare.
Dal collegio uscii nel 1964' con un diploma di qualifica "Tipografo Stampatore" che non ho mai esercitato, fu un’esperienza abbastanza positiva pensandola oggi, allora non troppo.
Nello stesso anno a mia madre fu diagnosticato un tumore al seno, seguì l’intervento e iniziarono le cure di Radioterapia. Un anno prima mia sorella Lina da alla luce il suo primo figlio, era usanza ricordare i parenti in vita o defunti dando i propri nomi ai nascituri, Lina per il proprio figlio volle ricordare il papà Alessandro, lo zio materno Luigi e il nonno Fiorello; col marito Pino abitavano al Villaggio del Sorriso in un gruppo di case che la fabbrica aveva assegnato ai propri dipendenti, era un brav'uomo, onesto lavoratore, capace nel proprio lavoro, appassionato e leale sportivo, due doti che l’hanno accompagnato per tutta la vita, si mette in società con Franco Cozzo,”Matalon” figliastro di Luigina rilevando l’attività di fabbro che gli era stata ceduta dall’anziano Silverio e il lavoro non manca.
Nel frattempo era ora di cercare per me un’occupazione, presentai diverse istanze senza risposte.
Un giorno da mia madre si recò una nostra vicina di casa, Fracchia Maddalena “Madlinin dal Gundu” per una questione di conigli e nel discorrere mia madre lamentava il mio stato di disoccupato, Maddalena subito s'interessò presso suo cognato l’Ing. Cesare Pettazzi,
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| Fracchia Maddalena |
il quale tre giorni dopo mi convocò presso lo stabilimento Inves (Industria nazionale vernici e smalti) e dopo un veloce colloquio ed alcune domande del tipo quali sono i colori primari, alla mia risposta corretta mi assunse per il giorno successivo, era il 31 marzo del 1965', un eterno grazie per l’interessamento e l’assunzione.
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Stabilimento Inves--1965'
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Venni inviato al reparto smalti dov'era Capo Reparto "Battista Sillano", un uomo austero e burbero ma carico di umanità. La mia mansione era aiutante del colorista Azzone Giancarlo e consisteva nel preparare i vetri per l’applicazione dei prodotti ed eseguire gli interventi di correzione negli appositi (diluitori-serbatoi) per la messa in tinta degli smalti, il lavoro mi piaceva e con Giancarlo avevamo un buon rapporto.
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| Battista Sillano |
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| Azzone Giancarlo |
Un giorno di marzo dell’anno successivo a Giancarlo successe un grave incidente mentre si recava al lavoro, un’auto lo investì e fu ferito gravemente, diversi giorni di ricovero presso l’ospedale non bastarono per rimetterlo in sesto, aveva perso l’uso del braccio destro.
Furono giorni difficili per il grave infortunio accorso al mio compagno di lavoro, da quel giorno Sillano mi incaricò di portare avanti il lavoro di colorista che consisteva nella messa in tinta dei prodotti, la mia scarsa conoscenza della mansione affidatomi mi teneva costantemente in apprensione, diverse volte fui ripreso e incoraggiato a proseguire fin quando raggiunsi un buon grado di indipendenza, il lavoro mi gratificava, c’era una buona armonia con i colleghi, tutto era più semplice, la busta-paga che portavo a casa la consegnavo a mia madre ed era colei che gestiva l’economia familiare.
In un secondo tempo dovetti affrontare il "servizio militare," era un obbligo previsto dalla
legislazione e anche per me si avvicinò l’ora fatidica. Dopo una visita di leva presso il Distretto Militare di
Alessandria della durata di tre giorni, fui trasferito all’ospedale militare di
Torino per accertamenti, il motivo era la mia debole vista che richiedeva
l’ausilio di due buone lenti per
correggere la miopia in atto, fui dichiarato abile al militare e rispedito a casa in
attesa della cartolina che a distanza di un anno arrivò.
Era il mese di giugno dell' anno1967', la destinazione il
Car (Centro Addestramento Reclute ) di Palermo, alla Caserma “Ciro Scianna”, un grande fabbricato suddiviso in diversi padiglioni che raggruppava un numero elevato di giovani, non soffrii molto la permanenza, ero vaccinato
dall’esperienza vissuta in collegio.
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sul battello che ci trasportava da Villa San Giovanni a Messina-1967'
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Palermo-Giugno 1967'- Gianni con un amico commilitone
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PALERMO
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Caserma "Ciro Scianna"
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| CIRO SCIANNA |
Cenni storici: Nasce a Bagheria il 15 Marzo 1891'. Emigrato per lavoro, si arruolò nel 3° Bersaglieri e in seguito nel 10° e distaccato in Albania allo scoppio del 1° conflitto mondiale, venne inquadrato nel 16° Bersaglieri e alla creazione del corpo degli Arditi nel 9° Reparto d'assalto.
Ardito fra i migliori si apprestava al suo ennesimo giorno di eroica battaglia, non appena raggiunta la vetta del monte Asolone fu colpito a morte quando già aveva quasi superato le linee nemiche, morì baciando il Tricolore del proprio Battaglione che stava portando con tanta fierezza, venne insignito con la medaglia di Bronzo e sul Col Moschin con la medaglia d'Argento. Gli fu conferita la Medaglia d'oro "motu proprio" del re che tradotto significa "di propria iniziativa o d'impulso" documento, motivazione ,(emanata direttamente dal sovrano o dal capo dello stato), il 30 Agosto due mesi dopo il suo sacrificio sul Monte Asolone.
Gli sono state dedicate la "Base di Addestramento Incursori dell'Esercito Italiano di Pisa", la caserma del 4° Reggimento Genio Guastatori di Palermo e la Scuola secondaria di 1° grado ad indirizzo musicale, "Ciro Scianna" della sua città natale.
Terminata la fase di addestramento fui trasferito alla
Scuola di Telecomunicazioni di Chiavari, vi rimasi quattro mesi per apprendere l’alfabeto morse e le
tecniche di trasmissione, ne uscii con l’attestato di “Marconista trasmettitore”
e fui trasferito in Alto Adige, nella città di Bolzano presso il 4° Corpo
d’Armata.
Diverse sono state le località
conosciute durante le nostre trasferte, posti incantevoli: le alpi di
Siusi, Plan de Corones a Brunico, San Candido, Dobbiaco. Nel frattempo, nuove vere amicizie sono nate con i compagni di camerata,
destinate a durare nel tempo e a risentirci nei periodi delle festività
natalizie.